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Usando una tecnologia sviluppata dalla NASA, alcuni ricercatori della Brigham Young University riportano alla luce il testo degli antichi papiri carbonizzati di Ercolano.
Quando furono ritrovarti, alcuni di essi vennero scambiati per pezzi di legno carbonizzato ed usati come combustibile per riscaldare i condannati ai lavori forzati che erano addetti agli scavi. Era l'ottobre del 1752 e l'opera di rinvenimento dell'antica città di Ercolano, voluta da Carlo di Borbone, era già in atto da 14 anni.
Le città di Ercolano, Pompei, Oplonti e Stabia furono distrutte dalla più famosa eruzione vulcanica dell'antichità, avvenuta il 24 Agosto del 79 d.C. Due lettere scritte da Plinio il Giovane allo storico romano Tacito ne hanno lasciato una descrizione dettagliata e pienamente confermata dagli scavi archeologici. Cenere e lapilli incandescenti, provenienti dal Vesuvio, presero a piovere su Pompei per 3 giorni consecutivi. Una valanga di fango, o forse una colata lavica, coprì e distrusse Ercolano, che si era temporaneamente salvata dalla cenere perché il vento spirava verso sud. Molti degli abitanti cercarono di fuggire per via mare, ma almeno 16.000 persone perirono sotto la pioggia letale. Plinio il Vecchio, comandante della flotta che si trovava nel golfo di Napoli, cercò di portare soccorso alla popolazione, ma morì soffocato.
Durante l'eruzione vulcanica, la villa venne immediatamente evacuata e venne dato agli schiavi il compito di mettere in salvo le casse contenenti i papiri. (Alcuni di questi rotoli sono stati rinvenuti tra la villa e la spiaggia evidenziando il tragitto percorso dagli schiavi). I numerosi papiri che furono lasciati indietro vennero investiti dal calore dei flussi piroclastici, a una temperatura di 450 gradi circa, rimanendo sepolti sotto una coltre di materiale lavico di circa 20 metri che li preserverà, provvidenzialmente, per secoli e secoli.
Molti dei 1826 manoscritti ercolanesi si presentano ancor'oggi come ceppi carbonizzati: sono piegati, schiacciati ed estremamente fragili a causa del naturale deterioramento a cui sono stati sottoposti negli ultimi due secoli e mezzo. Dal periodo del loro ritrovamento, diversi tentativi, con esiti più o meno disastrosi, sono stati fatti per poterli srotolare, cercando di rivelare il loro contenuto rimasto sigillato dallo stato di carbonizzazione.
Fino al 1916 gli svolgitori dei papiri, pur essendo ignoranti della lingua greca e latina, avevano il compito di trascrivere a mano, in maniera "facsimilare" il testo dei manoscritti, cercando di riprodurre con "disegni" l'immagine di ciascuna colonna o di ogni frammento di simbolo, compresi gli spazi vuoti. Dopo essere stati incisi su matrici di rame, i disegni vennero pubblicati in due raccolte che rivestono oggi una grande importanza per l'interpretazione dei testi, poiché riportano addirittura porzioni di testo andate perdute a causa dell' usura e del semplice deterioramento dovuto al passare del tempo. Dall'inizio dello scorso secolo, le trascrizioni manuali sono state rimpiazzate dalla fotografia, tramite la quale si è riusciti a riportare alla luce tracce di scrittura invisibili ad occhio nudo. Con l'avvento della tecnologia digitale anche la tecnica fotografica tradizionale è stata sospesa per fare posto a nuovi metodi ai confini con la fantascienza.
In occasione del XXII Congresso Internazionale di Papirologia, tenutosi a Firenze il 23-29 agosto 1988, il prof. Marcello Gigante, insigne filologo e papirologo, nonchè fondatore del CISPE, incontrò i professori Gene A. Ware e Steven W. Booras della Brigham Young University (BYU) che stavano sperimentando una nuova tecnologia fotografica digitale per recuperare il testo di alcuni rotoli di papiro carbonizzati rinvenuti a Petra, in Giordania.
Questa tecnologia, denominata visualizzazione d'immagine multispettrale (MSI) usa una
forma di fotografia digitale super sofisticata, sviluppata dall' Ente Aerospaziale
Americano (NASA) per lo studio dei
minerali sulla superficie di altri pianeti e successivamente adattata allo studio di
antichi testi dalla Facoltà d'Ingegneria
Elettrica e Computeristica della BYU.
L'apparecchiatura fotografica usata in questa procedura, si avvale di filtri capaci di leggere colori di luce che vanno dal visibile all' infrarosso. Regolando l' apparecchiatura, a seconda delle condizioni del frammento in esame, si riesce a creare un considerevole contrasto d'immagine tra il nero dell' inchiostro e quello delle fibre del papiro carbonizzato che consente la lettura di quelle parti di testo precedentemente illeggibili. Grazie all' apporto di questa tecnologia, non solo si è riusciti a migliorare la leggibilità dei testi, ma si è potuto creare un archivio di 364 CD-ROM, contenente l'intera raccolta dei papiri, per un totale di oltre 30.000 immagini multispettrali alle quali ogni studioso può avere facile accesso senza dover più compromettere l'integrità dei documenti originali.
Il recupero del testo dei papiri carbonizzati ha permesso di ricostruire, in parte il contenuto della grande biblioteca ospitata nella "Villa dei papiri". Si ritiene che la biblioteca fosse opera di Filodemo di Gadara, un filosofo epicureo del I secolo a.C., il quale portò con sé dalla Grecia un gruppo di manoscritti con i testi di Epicuro e dei suoi allievi, facendo della villa un centro filosofico di rilievo. Tra i suoi frequentatori ci fu lo stesso Virgilio che compare in uno dei papiri di Filodemo oggi tradotto. Oltre a diversi scritti di Filodemo sono stati trovati frammenti dell' opera di Epicuro "Sulla Natura", versi del poeta latino Ennio e, con ogni probabilità il "De rerum natura" di Lucrezio.
La raccolta dei testi ercolanesi è una delle più grandi pervenuta dalle librerie dell'antichità fino ai giorni nostri anche se molti studiosi ritengono che altri rotoli siano rimasti sepolti nelle zone della villa non ancora riportate alla luce. La speranza è che fra questi rotoli si possano trovare gli scritti di un'antico autore che risultano scomparsi da secoli. A seguito di una decisione della Sovrintendenza Archeologica, gli scavi della villa sono stati sospesi nel 2000, proprio quando gli archeologi erano riusciti a rinvenire l'entrata a due stanze situate nei piani inferiori. I fondi stanziati dal Governo vengono attualmente utilizzati per la conservazione ed il restauto delle zone archeologiche già scoperte.
Nel marzo del 1999 gli esperti della BYU, accettando l'invito del prof. Gigante, si recarono presso la Biblioteca Nazionale di Napoli per un primo approccio sperimentale di questa tecnologia d'avanguardia su alcuni frammenti carbonizzati di papiro.
Ad eseguire il lavoro di documentazione fotografica sono stati inizialmente il prof. Steven e Susan Booras del CPART (un centro per lo studio degli antichi testi religiosi che fa parte della BYU) ai quali si sono aggiunti i professori David R. Seely e Roger T. Macfarlane, anch'essi della BYU. Nel corso dei 3 anni di svolgimento del progetto l' équipe arriverà ad essere composta da un totale di 45 ricercatori, tra americani ed europei.
Il 26 ottobre 2003, alla presenza di numerosi dignitari italiani, viene presentato, presso la Biblioreca Nazionale di Napoli, il documentario "Salvata dalla cenere" realizzato dal canale televisivo della Brigham Young University (KBYU). A produrre il documentario sono il prof. Giovanni Tata, direttore dei Lavori Creativi della BYU e la scrittice-regista Julie H. Walker. "Salvata dalla cenere" oltre a ripercorrere le tappe del percorso di collaborazione tra studiosi europei e statunitensi, rende omaggio alla figura e all'opera del prof. Marcello Gigante, "Il figlio del Vesuvio" che pur avendo visto, con grande soddisfazione, i primi risultati del progetto di trascrizione digitale dei papiri, non potè vederne il completamento poichè deceduto nel novembre del 2001. Nel 2003 il documentario, nella versione inglese intitolata "Out of the Ashes", viene insignito dei premi "Aurora", " CASE Grand Gold" e "Telly" e successivamente presentato sui canali televisivi pubblici americani (PBS) e distribuito nei formati videocassetta e DVD. Il 19 febbraio 2004, "Salvata dalle ceneri" viene presentata, da una delegazione della BYU, a Villa Ruggiero in Ercolano, dietro invito del sindaco professoressa Lucia Bossa, un ex allieva di Marcello Gigante.
La notizia del recupero dei testi classici di Ercolano ha fatto il giro del mondo, specialmente negli ambienti scientifici e culturali. I vari canali d'informazione le hanno dedicato una moltitudine di articoli in stampa e in internet e diversi servizi televisivi. In Italia alcuni articoli sono apparsi sul quotidiano "La Repubblica" (10 e 11 marzo 2001), sul settimanale "Il Venerdì" (4 aprile 2003) e sulla rivista "Newton" (maggio 2003). A seguito del progetto di recupero dei papiri, il prof. Roger T. Macfarlane della BYU è stato invitato ad essere co-editore del testo di un papiro latino insieme al prof. Knut Kleve dell'Università di Oslo. Il testo contiene un'antica commedia romana di Cecilio Stazio, rappresentata nel II secolo a.C. Di questa commedia erano conosciute solamente alcune porzioni, fino a che il testo completo è stato digitalizzato da uno dei rotoli di papiro di Ercolano. Grazie al successo del progetto ercolanese, il Centro per lo Studio degli Antichi Testi Religiosi di BYU ha intrapreso nuovi lavori di recupero a Gerusalemme, con i manoscritti del Mar Morto; in Libano, Egitto, Israele, Messico e più recentemente a Roma, col Pontificio Istituto Orientale e la Biblioteca Apostolica Vaticana.
Una replica della "Villa dei papiri" è stata costruita dal magnate J. Paul Getty a Malibu in California ed è, dal 1974, sede del rinomato J. Paul Getty Museum.
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© 2005, Bella Sion, Inc. Fotografie di Mark Philbrick, Brigham Young University. Cortesia della Biblioteca Nazionale di Napoli. Per informazioni scrivere a: BELLA SION/ Webmaster BELLA SION non é affiliata alla Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni o a relative entità legali. | |
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